Stiamo assistendo a un forte sviluppo delle tecnologie legate all’utilizzo civile dei droni.
Il termine drone deriva dall’inglese e significa fuco, maschio dell’ape, in quanto descrive il ronzio che questi velivoli emettono in volo.
Esiste un grande potenziale per il loro impiego in tutti i settori che possono trarre vantaggio dalla loro capacità di fornire visioni del territorio da nuove prospettive, di rilevare fenomeni non visibili da terra e di prendere il posto dell’uomo per ispezionare ambienti pericolosi o contaminati. Read more
Quelli che comunemente chiamiamo droni hanno in realtà diverse denominazioni, spesso acronimi, sia nel campo tecnico che legislativo.
Innanzitutto è doveroso precisare che il termine stesso drone è una parola anglosassone che si traduce con fuco/ronzio. È abbastanza ovvio dedurre, per chi ha visto volare un drone almeno una volta nella vita, che è un termine attribuito a questi velivoli per il rumore che emettono quando sono in volo, molto simile ad un ronzio.
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L’ortofoto è la rappresentazione geometrica corretta e georeferenziata (ortorettificata) dell’area fotografata, è caratterizzata da una scala uniforme e per questo motivo può essere utilizzata per la misura di distanze ed aree.
Le semplici fotografie non sono metriche, infatti il loro rapporto di scala dipende dalla posizione mentre gli angoli sono deformati.
L’ortofoto invece è un’immagine che ha l’aspetto di una fotografia e il contenuto metrico di una mappa.
Appare evidente che l’ortofoto di un’area è un prodotto cartografico bidimensionale di più facile lettura, anche per i meno esperti, rispetto ad una classica carta topografica fatta di simboli e segni codificati.
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